Licenziamento illegittimo se la malattia è causata dall’azienda

Il lavoratore dipendente che si assenta troppo spesso per malattia può essere licenziato se il periodo di assenza supera il termine c.d. di comporto. Se però la malattia è stata causata dal comportamento dell’azienda, il licenziamento è illegittimo.

La nostra costituzione garantisce e tutela la salute che all’art. 32 è definita come diritto fondamentale dell’individuo, nonché interesse della collettività. L’art. 2110 del codice civile è una diretta applicazione del dettato costituzionale poiché, a tutela del lavoratore, prevede la sospensione del rapporto di lavoro in caso di malattia, infortunio e gravidanza, vietando al datore la possibilità di licenziare il dipendente malato. I contratti collettivi però prevedono un termine massimo (c.d. di comporto) di conservazione del posto, scaduto il quale può essere intimato il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, come precisato dalla recente legge n. 92/2012. Tuttavia se la malattia del dipendente è una conseguenza di comportamenti illeciti o ingiusti dell’azienda, il semplice superamento del limite di tempo non è sufficiente ad integrare una causa di licenziamento. La giurisprudenza, infatti, ha ripetutamente affermato l’illegittimità del licenziamento formalmente intimato per superamento del periodo di comporto, laddove la malattia del lavoratore sia stata determinata dal comportamento del datore di lavoro sia sotto il profilo della violazione dell’obbligo di sicurezza ex art. 2087 codice civile, sia sotto il profilo del mancato reperimento, nel quadro dell’organizzazione aziendale, di altro posto di lavoro più adatto alle accertate, precarie condizioni di salute del lavoratore, incompatibili con le mansioni da lui espletate. E, analogamente, è stato stabilito che “qualora il datore di lavoro ponga in essere nei confronti di una lavoratrice un comportamento persecutorio […] non sono computabili ai fini del superamento del periodo di comporto le assenze per malattia che trovino la loro genesi nella violazione dello specifico obbligo di tutelare l’integrità psico-fisica del lavoratore” (Cassazione civile, sez. lav., 08 marzo 2005, n. 4959).

Pertanto sarà illegittimo il licenziamento per giustificato motivo oggettivo comminato al lavoratore che si trovi ad essere soggetto in una delle fattispecie in esame e qualora il giudice accerti la violazione dell’art. 2110 cod. civ., ove il caso rientri nell’ambito di applicazione dell’art. 18 S.L., potrà disporre la reintegrazione nel posto di lavoro ed il pagamento del risarcimento del danno da calcolarsi entro il limite delle 12 mensilità.

Dott. Daniele Casale

Iscritto all’Ordine degli Avvocati di Milano