Rumore in condominio? Ecco cosa fare

A tutti è capitato di avere un vicino rumoroso. C’è il maniaco della pulizia che usa l’aspirapolvere alle 6 del mattino, il musicista in erba che si esibisce dal palco del proprio salotto alle 10 di sera, la coppia che litiga in fase di separazione ecc.. Fermo restando che ci vuole un minimo di tolleranza, quando il rumore in condominio supera una certa soglia, può diventare un vero problema tanto da impegnare un giudice.

 

Il rumore nel codice civile

La questione in esame è regolata dall’art. 844 c.c. che vieta le immissioni di fumo, calore, esalazioni, rumori, scuotimenti ed altre propagazioni simili. La norma è generale ed è valida sia per gli appartamenti all’interno di un condominio sia per quelli esterni anche se aziende. Possiamo pensare ad un vicino particolarmente rumoroso a un autolavaggio adiacente all’immobile, o ancora, a un ristorante che sforna pietanze liberando fastidiosi fumi. Gli esempi possono essere moltissimi. In realtà non tutte le immissioni sono vietate e come dicevamo poco sopra occorre sempre avere una certa tolleranza nei rapporti di vicinato. La tollerabilità è proprio il parametro usato dalla legge per stabilire cosa è vietato e cosa non lo è.

 

Il parametro della tollerabilità per il rumore

La legge fornisce un divieto generico individuando la soglia illegittima delle propagazioni nel superamento del parametro della tollerabilità. La quantificazione di detto parametro ci è fornita dai regolamenti e dalla giurisprudenza che tengono conto anche delle diverse fasce orarie. Potremmo ad esempio tollerare una soglia di rumore di qualche decibel nell’arco del pomeriggio ma non durante la notte. Un esempio giurisprudenziale ci è fornito dalla sentenza n. 22105/2015 della Cassazione che afferma “In tema di immissioni rumorose con riferimento ai rapporti tra i privati proprietari di fondi vicini, un rumore superiore di 3,5 rispetto al rumore di fondo che si protragga per cinque-dieci minuti al giorno, in orari non destinati al riposo e non più di una volta al giorno, non può essere ritenuto intollerabile, dovendosi peraltro precisare che non essendo tale valore superiore alla soglia massima di rumorosità fissata dalle norme speciali (5 decibel in orario diurno), …”.

 

La prova del rumore

Prima di chiedere che un Giudice ordini la cessazione del disturbo, occorrerà verificare che effettivamente il rumore in condominio lamentato sia superiore alla soglia di tollerabilità. Esistono enti preposti alla misurazione delle propagazioni, anche in tema di rumore, che possono rilasciare una valutazione certificata da cui emergerà la quantificazione dei decibel. In corso di causa, il Giudice acquisirà la relazione prodotta affidandosi con tutta probabilità ad un CTU che verificherà la rispondenza di quanto lamentato al caso concreto.

Se il rumore potrà dirsi intollerabile, il Giudice ne ordinerà la cessazione.

Un’altra possibile soluzione è rappresentata dal ricorso amministrativo all’Agenzia regionale dell’ambiente. Tuttavia questa possibilità è percorribile solo se i rumori molesti provengono da un’attività commerciale, industriale o un ristorante, per cui esistano norme di contenimento dell’inquinamento in applicazione della legge 447/95.

 

Il Risarcimento dei danni per il rumore

Pensiamo ad esempio ad una attività di sfasciacarrozze adiacente al nostro immobile o strumenti tecnici nell’appartamento a fianco. Sono situazioni in cui è possibile che si generi un fastidiosissimo rumore costante. Se il “colpevole” non collabora subito eliminando il problema, si potranno accusare sintomi di stress, affaticamento o anche depressione magari per la carenza di sonno. In questi casi il vicino dovrà cessare il rumore intollerabile e risarcire i danni non patrimoniali che ha arrecato.

Dinanzi al Giudice però anche il danno dovrà avere la sua prova e non potrà essere presunto per il solo fatto della sussistenza del rumore, una volta accertata come ha chiarito la Cassazione con ordinanza n. 19434/2019. La cosa migliore è sempre una perizia medico legale che determini e quantifichi il danno di concerto con uno psicologo.

 

Quando il rumore è reato

In alcuni casi il rumore può essere fonte di reato previsto all’art. 659 c.p.. La Cassazione con sentenza n. 41601/2019 ha precisato che per la configurabilità del reato di disturbo alla quiete pubblica è sufficiente che “i rumori siano idonei ad arrecare disturbo a un gruppo indeterminato di persone, anche se raccolte in un ambito ristretto, come un condominio. Conseguentemente anche il canto del gallo può integrare il disturbo del riposo e delle occupazioni delle persone e quindi il proprietario che non si attivi per attenuare in maniera significativa i disagi che possono derivarne ne risponde penalmente”. Non è invece necessario che tutte le persone raggiunte e infastidite sporgano denuncia.

Anche il gestore di un esercizio pubblico può essere ritenuto colpevole ai sensi dell’art. 659 c.p. qualora non impedisca i continui schiamazzi provocati degli avventori in sosta davanti al locale anche nelle ore notturne (Cass. n. 28570/2019).

 

Rumore in condominio

In base a quanto abbiamo affermato sopra, difficilmente gli schiamazzi temporanei del vicino saranno ritenuti intollerabili, a meno che non siano costanti, magari in orari notturni. Analogamente il dolby surround non sarà fonte di risarcimento se si tratta di eventi sporadici e temporanei così come l’aspirapolvere sempre accesso o la lavatrice in orari notturni. Si potrà invece verificare la correttezza dei suddetti comportamenti altrui alla luce del regolamento condominiale che con alta probabilità prevederà il rispetto della quiete almeno in certi orari.

 

di Avv. Alessandro Cassano