Vacanza rovinata? La tutela inizia dalla prenotazione!

Danno da vacanza rovinata:il depliant del tour operator rappresenta parte integrante del contratto e fonte di sua responsabilità.

In questo periodo molti si accingono a prenotare le tanto attese ferie. Spiagge tropicali, luoghi paradisiaci e servizi all inclusive promessi, ma poi all’arrivo l’amara verità: bettola sulla strada a 40 km dal mare… Come tutelarsi dalle brutte sorprese? La Cassazione si pronuncia sul danno da vacanza rovinata ampliando la tutela del consumatore in riferimento a quanto oggetto del pacchetto turistico. Bisogna premettere che la materia del pacchetto turistico tutto compreso è regolata dal decreto legislativo n. 111/1995 che ha dato attuazione alla direttiva comunitaria 90/314/CEE. Accanto a questo decreto la materia è attualmente regolata dal Codice del Consumo n. 206/2005 agli artt. 82-100.

In particolare l’art. 84 definisce cosa si intenda per pacchetto turistico individuandone i requisiti fondamentali ossia: il trasporto, l’alloggio e quei servizi accessori che però costituiscano parte integrante del pacchetto. Quest’ultimo elemento ha assunto una importanza cruciale nelle cause proposte nei confronti del tour operator con riferimento a servizi che facevano parte del pacchetto. E il punto è proprio questo: l’interpretazione dell’espressione “servizi accessori”. Il codice del consumo specifica che il contratto avente ad oggetto un pacchetto turistico tutto compreso debba indicare esattamente ogni elemento ossia la durata i servizi offerti, il trasporto, itinerari, prezzo orari di partenza e di arrivo, caratteristiche del posto, ubicazione dell’albergo, copertura assicurativa, diritti e tasse. L’art 91 disciplina poi le eventuali modifiche del contratto ed in particolare il II comma prevede l’impossibilità della prestazione di servizi essenziali del contratto, nel qual caso è onere dell’organizzatore predisporre soluzioni alternative, senza alcun onere per il consumatore, al fine di limitare, per quanto possibile conseguenze negative. Quando ciò non sia possibile, il consumatore avrà diritto al rimborso della differenza tra le prestazioni effettuate e quelle promesse. Il codice del consumo pertanto sembra apprestare una buona tutela per il turista che si trovi in tali situazioni, sennonché la realtà pratica di tali situazioni ha creato non pochi problemi. Difficile infatti prendere ogni singola fattispecie e collocarla nei cosiddetti servizi essenziali che danno adito al risarcimento. Un pronuncia favorevole all’acquirente di un pacchetto turistico è intervenuta recentemente dalla Cassazione Civile 2010 n. 5189: il caso riguardava la difformità dal depliant delle reali condizioni del luogo della vacanza. In particolare il posto in questione era una località marittima il cui depliant ne decantava la bellezza proprio in riferimento al mare. Essendo state tradite le aspettative dei ricorrenti essi avevano chiesto un risarcimento dei danni che però era stato rifiutato. Tuttavia la Cassazione ha dato loro ragione, sulla considerazione che il depliant informativo di una vacanza costituisce un aspetto essenziale del contratto perché su esso si stagliano le aspettative del cliente in ordine alla scelta della vacanza. Con questa pronuncia la Corte ha evidenziato come la responsabilità del tour operator sia davvero a 360 gradi, perché comprende globalmente a questi aspetti e non si limite alla semplice “vendita della vacanza”.

Il danno da vacanza rovinata

Venendo al punto centrale della questione, sul piano delle conseguenze si definisce “danno da vacanza rovinata” il pregiudizio sofferto dall’utente per la carenza o totale mancanza dei servizi promessi e offerti dal tour operator nei pacchetti vacanza “tutto compreso”.

La giurisprudenza ha ampiamente dibattuto la natura giuridica di tale danno e diverse sono state le tesi proposte. Da un lato si è sostenuto che tale danno potesse essere valutato solo economicamente, ossia con riferimento ad un inadempimento oggettivo legato alla mancanza di taluno dei requisiti pattuiti in contratto.Dall’altro un orientamento più sensibile alla reale natura del contratto, ha qualificato il danno come la sofferenza morale derivante dalla discrepanza tra la prestazione promessa e quella realmente ricevuta.Questa teoria è supportata anche dall’art. 1174 che si riferisce ad un interesse non patrimoniale del creditore. Oggi il danno da vacanza rovinata è pacificamente qualificato come danno non patrimoniale e in quanto tale disciplinato dall’art 2059 c.c. Il danno non patrimoniale si definisce come la lesione all’integrità psicofisica dell’individuo e comprende tutte le ipotesi in cui accanto a un risarcimento di natura patrimoniale, si chiede il ristoro del danno “morale” provocato di riflesso dall’avvenimento. Il danno non patrimoniale è stato recentemente oggetto di una importantissima sentenza a sezioni unite della Cassazione (26972/2009) che ne ha ricondotto ad unità la definizione,che troppo spesso era stata frammentata dando luogo alla nascita di sottocategorie della stessa voce. La Cassazione, mossa dall’esigenza di evitare la “duplicazione”del risarcimento morale sulla base appunto di queste sottovoci ha definito tale danno come lesione dell’integrità psicofisica quando alla base vi fosse un diritto costituzionalmente tutelato o un interesse dell’individuo particolarmente rilevante. Ora va detto che il danno da vacanza rovinata trova la sua fonte nella violazione dell’art 2 della Costituzione secondo cui la personalità dell’individuo è tutelata anche nelle formazioni sociali in cui essa si esprime. Pertanto alla base del risarcimento del danno da vacanza rovinata ai sensi dell’art. 2059 c.c. vi è sicuramente la lesione di un valore costituzionale che si modella variamente a seconda dell’interesse che di volta in volta viene tutelato. Sarà onere del danneggiato provare il danno subito, che andrà comunque analizzato sotto la lente della sua gravità e intollerabilità.

 

Avv. Carla Trombetta

Studio legale Trombetta

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