Danni causati dai dossi: il comune deve risarcire

danno causato da un dosso

Danni al veicolo causati dal dosso mal segnalato? Il responsabile è il comune.

La questione è giuridicamente inquadrabile nell’ambito di applicazione della disciplina codicistica dettata in tema di responsabilità da cose in custodia, che trova completa esplicazione nell’art. 2051 c.c..

La lettera del suddetto articolo configura una ipotesi di responsabilità extracontrattuale oggettiva, per la cui sussistenza è sufficiente che ricorra, e sia provato dal danneggiato, il nesso causale tra la res, che taluno abbia in custodia, ed il danno da essa arrecato, a nulla rilevando, al riguardo, la condotta del custode e l’osservanza o meno di un obbligo di vigilanza; neppure rileva il grado di diligenza impiegato nella custodia.

Secondo l’ormai consolidato orientamento giurisprudenziale, dunque, perché possa configurarsi la responsabilità de qua, è necessario e sufficiente che il danno sia prodotto dalla “cosa”, o perché la res, per sue ragioni intrinseche, è suscettibile di produrlo, ovvero perché in essa sono insorti agenti dannosi (cfr. Cass. Civ., Sez. III, 20.08.2003 n. 12219; Cass. Civ., Sez. III, 10.03.2005 n. 5326; Cass. Civ., Sez. III, 09.11.2005 n. 21684; Cass. Civ., Sez. III, 02.02.2007 n. 2308).

La norma come disciplina i danni causati da un dosso

Funzione della norma è quella di imputare la responsabilità a colui che si trovi nella condizione di poter controllare i rischi inerenti alla cosa, dovendosi ergo considerare custode chi di fatto ne guida le modalità di uso e di conservazione: il legislatore ha evidentemente ritenuto inammissibile che le conseguenze cagionate da una cosa inanimata ricadano sul terzo incolpevole che le abbia subite, piuttosto che su colui che la detenga, sul quale ricade anche il potere-dovere di intervento su di essa, al fine di eliminare i fattori di danno potenziale.

A poter escludere tale tipo di responsabilità può essere unicamente il caso fortuito, inteso come fattore causale dell’evento, assolutamente eccezionale, non previsto né prevedibile, di per sé sufficiente a produrre l’evento dannoso e tale da escludere che l’evento lesivo sia in qualche modo riconducibile alla sfera di controllo che il detentore ha sulla cosa.
Più precisamente, il potere-dovere di custodia sulla res può dirsi sostanziarsi in una duplice componente: il potere-dovere di controllo ed il potere-dovere di intervenire e modificare le situazioni di pericolo insite nella cosa, o che in esse si sono determinate.

danno causato da un dosso
danno causato da un dosso

In caso i danni siano causati da un dosso stradale

Nel caso di danni causati da un dosso stradale, proprietario e custode della res-strada, sulla quale si verifica l’evento, è il Comune, ovvero, un Ente Pubblico.
Circa l’applicabilità della responsabilità oggettiva da cose in custodia anche nei confronti della P.A., l’indirizzo giurisprudenziale maggioritario e più recente ritiene che la P.A. non possa sfruttare la natura giuridica della res al fine della esclusione della presunzione di responsabilità ex art . 2051 c.c., in special modo in casi – come quello in esame – in cui, la limitata estensione della strada comunale, impone un’attività di controllo effettiva, concreta e regolare nel tempo da parte dell’Ente Pubblico proprietario (cfr. Cass. Civ., 27.12.1995 n. 13114; Cass. Civ., 20.11.1998 n. 11749; Cass. Civ. Sez. III, 01.10.2004 n. 19653; Cass. Civ., Sez. III, 23.02.2005 n. 3745).

La Cassazione cosa dice

Il Supremo Collegio è da ultimo intervenuto sul punto stabilendo che: “Ai fini della responsabilità per danni da cose di cui si abbia la custodia, ex art. 2051 c.c., il Giudice non si può arrestare di fronte alla natura giuridica del bene od al regime od alle modalità del suo uso da parte del pubblico, ma è tenuto ad accertare, in base agli elementi acquisiti al processo, se la situazione di fatto, che la cosa è venuta a presentare e nel cui ambito ha avuto origine l’evenienza che ha prodotto il danno, era nella custodia dell’Ente Pubblico” (Cass. Civ. Sez. III, 27.03.2007 n. 7403).

Il comune deve esercitare, sul tratto stradale sul quale è stato realizzato il dosso “incriminato”, un tempestivo, continuo ed efficace controllo/vigilanza/cura, atto ad impedire l’insorgenza di cause di pericolo per l’incolumità degli utenti: in merito, la giurisprudenza ha recentemente configurato un vero e proprio “obbligo per la P.A. di controllo a tutela della incolumità dei cittadini e della integrità del loro patrimonio” (cfr. Cass. Civ. 08.02.2008 n. 3130).

In ogni caso, la necessaria sussistenza di una segnaletica è espressamente imposta dal Regolamento di Attuazione del Codice della Strada (D.P.R. 495/1992, come modificato dal D.P.R. 610/1996) all’art. 179 (art. 42 Cod. Str.), il quale, al quinto comma, per i rallentatori di velocità  prescrive: “I dossi artificiali possono essere posti in opera solo su strade residenziali, nei parchi pubblici e privati, nei residences ecc; possono essere installati in serie e devono essere presegnalati; […] devono essere visibili sia di giorno sia di notte“.

In precedenza come veniva interpretato

Per completezza occorre anche illustrare quanto sostenuto da un altro filone giurisprudenziale – seppur più risalente ed ormai censurato – il quale riteneva: “l’art. 2051 c.c. non può trovare applicazione nei confronti della P.A., giusta la natura stessa delle cose oggetto della sua custodia , trattandosi di beni la cui estensione non consente una vigilanza ed un controllo idonei ad evitare l’insorgenza di situazioni di pericolo; di conseguenza il danneggiato può agire per il risarcimento solo in base al diverso principio del neminem laedere sancito ex. art. 2043″ (cfr. Cass. Civ. Sez. III, 04.12.1998 n. 12314).

Ebbene trattasi di un indirizzo progressivamente – ed oggi ormai robustamente – censurato dagli Ermellini, a favore dell’opposto orientamento che ritiene certamente applicabile l’art. 2051 c.c. anche alla P.A., in considerazione della possibilità di quest’ultima di effettuare un concreto esercizio del proprio potere di signoria sul bene demaniale (cfr. sentt. Cass. Civ. già sopracitate); dello stesso avviso, la Corte Costituzionale, la quale ha precisato che, la norma dell’art. 2051 c.c. recita “Ciascuno…“, non ponendo limiti ex ante all’individuazione del soggetto tenuto alla custodia, ben potendo essere persona fisica o persona giuridica (cfr. Corte Cost. 29.04.1999 n. 156).

Avv. Michela M. Lucioni

Foro di Milano

[email protected]