L’infedeltà coniugale
Possiamo dirla con giri di parole, cercare un modo elegante o essere strafottenti, ma chi tradisce, commette una violazione degli obblighi previsti dall’art. 143 c.c.. L’infedeltà coniugale potrebbe portare alla pronuncia di separazione con addebito. Il condizionale è d’obbligo perché le giustificazioni in genere sono come benzina sul fuoco, ma in Tribunale possono avere rilevanza tanto da escludere la colpa del coniuge.
La separazione con addebito
L’art. 143 codice civile indica una serie di obblighi che nascono dal matrimonio con cui ci si vincola al rispetto di essi. La violazione di detti doveri può comportare la fine del matrimonio con tanto di addebito nella pronuncia giudiziale con conseguenze a livello patrimoniale. Per ottenere questa pronuncia occorre però che la questione approdi sulla scrivania del magistrato che valuterà se la violazione commessa è effettivamente stata la causa della rottura del rapporto. La separazione in forma contenziosa è una causa a tutti gli effetti che può essere lunga e costosa. Ma è l’unico strumento che potrà conferire la lettera scarlatta al coniuge fedifrago almeno da un punto di vista legale.
Quando l’infedeltà coniugale può comportare l’addebito
La regola però per ottenere una separazione con addebito al coniuge è sempre la stessa: il fatto incriminato deve essere necessariamente la causa diretta della separazione, determinando l’intollerabilità della convivenza e non il vaso di pandora al culmine di una lunga crisi seppur sottaciuta dai coniugi. Sul punto sono numerose le sentenze dei Tribunali e della Corte di Cassazione che negano l’addebitabilità della separazione in tutti quei casi in cui l’infedeltà costituisce una mera provocazione nel corso di una crisi matrimoniale (Cassazione n. 25337/2015) o addirittura quando si lo si fa per secondo rispetto all’altro coniuge (Cassazione n. 3318/2017). Insomma il comune denominatore di questi casi è che l’atto infedele può certamente aver avuto un peso umano e nel rapporto ma legalmente l’unione matrimoniale è venuta meno per altri motivi. Qui possiamo vedere le prove che si possono usare per l’infedeltà coniugale.
Il risarcimento del danno per l’infedeltà coniugale
Danni in generale
Ovviamente saranno risarcibili i danni conseguenti alla reazione aggressiva del partner scoperto. Questo in particolare è stato il caso trattato dal Tribunale di Venezia che con sentenza del 3/07/2006 ha condannato il marito che vistosi scoperto ha addirittura aggredito la moglie. Ma anche la moglie incapace di gestire la rabbia potrebbe essere condannata al risarcimento dei danni qualora trasformasse il marito in un punching-ball. La violenza poi, sempre deprecabile e da evitare, è anche fonte di sanzioni penali.
Danni non patrimoniali
Ma lo stato emotivo che può derivare da un tradimento potrebbe indurre il coniuge che lo ha subito a chiedere all’altro il risarcimento dei danni per le sofferenze patite. Tuttavia la Cassazione ha chiarito più volte che l’infedeltà coniugale non può essere di per sé fonte di risarcimento del danno non patrimoniale a meno che il tradimento sia avvenuto in modo talmente spregiudicato da violare diritti fondamentali della persona oltre una soglia di normale tollerabilità ovvero “certe soglie di intensità, tendenzialmente quelle del dolo o della colpa grave” (Cassazione n. 6598/2019).
Stesso processo?
La richiesta di risarcimento secondo alcuni orientamenti giurisprudenziali può avvenire contestualmente alla richiesta di separazione con addebito (Cassazione 8862/2012). Tuttavia secondo altri orientamenti poiché la separazione e la richiesta di risarcimento del danno sono soggetti a riti processuali diversi è necessario proporre due giudizi tenuto anche conto del fatto che quello inerente al risarcimento del danno si fonda sull’addebito della separazione (Cassazione n. 18870/2014).
Risarcimento danni a carico dell’amante del coniuge infedele
Mettiamoci subito il cuore in pace, la risposta è no. Sul punto la Cassazione però ha precisato che non si tratta di un “no” assoluto. L’obbligo di fedeltà intercorre tra i coniugi e la sua violazione quindi può avere un rilievo soltanto all’interno della coppia. Se però la scappatella (o le scappatelle per i recidivi) avviene in maniera tale da violare il decoro e l’onore del coniuge allora si può aprire uno spiraglio sulla colpevolezza anche del terzo ai sensi dell’art. 2043 e ci si potrà togliere qualche sassolino dalla scarpa. Gli ermellini con sentenza n. 6598 del 2019 hanno infatti affermato che “Il terzo che ha concorso nell’adulterio è tenuto al risarcimento del danno non patrimoniale in favore del coniuge tradito solo quando la sua condotta ha concorso a causare la lesione di un diritto inviolabile della persona, costituzionalmente protetto, e purché la lesione superi la soglia della tollerabilità“.
In conclusione
Attenzione però perché l’impresa di convincere il Giudice non sarà per niente facile e forse sarà meglio usare i soldi necessari per la causa in modi certamente più allettanti soprattutto in considerazione del nuovo stato libero!