Quel vicino fastidioso…

Schiamazzi, rumori molesti e cattivi odori sono alcuni dei più ricorrenti motivi di liti condominiali tra vicini, che approdano poi nelle aule giudiziarie a causa di chi non rispetta le comuni regole del buon vicinato. A tal fine è sempre opportuno prevedere nel regolamento dei divieti che possano prevenire queste spiacevoli situazioni, ma ove non vi sia regolamentazione condominiale o nulla sia disposto in merito a limitazioni d’orario, ad esempio per i rumori, occorre applicare le norme del codice civile.

Regolamento di condominio.

L’assemblea condominiale può decidere di introdurre delle limitazioni o divieti nel regolamento condominiale per arginare il problema dei rumori fastidiosi almeno in certe fasce orarie. Tuttavia è ormai consolidato orientamento della giurisprudenza quello secondo cui le clausole regolamentari devono essere chiare, precise e univoche qualora comportino un diminuzione delle facoltà inerenti la proprietà esclusiva o anche comune. Quindi si dovrà specificare in modo preciso, nelle relative disposizioni, cosa sia oggetto del divieto, affinché questo sia valido. Infine la delibera con cui si approva un divieto o anche solo una limitazione relativa all’uso della proprietà privata deve essere adottata all’unanimità, se invece tale limitazione riguarda le parti comuni è sufficiente la maggioranza ex art. 1136 c.c.. Un analogo discorso può farsi per quanto riguarda i cattivi odori provenienti dai locali del vicino di casa. In questa ipotesi è probabile che si tratti di un’attività commerciali in cui vengano usati strumenti particolari colpevoli di arrecare disturbo ai condòmini mediante la propagazione di rumori, odori o fumi. L’assemblea può ugualmente intervenire introducendo divieti riguardo al tipo di attività praticabile all’interno dei locali di proprietà esclusiva facenti parte dell’edificio.

In assenza di regolamento.

Nei condomìni in cui non vi è un regolamento, o in cui pur essendovi nulla preveda in merito alle situazioni di disturbo, la soluzione va ricercata nel codice civile. Infatti in questi casi trova applicazione l’art. 844 c.c. che legittima eventuali immissioni di fumo, calore, esalazioni, rumori, scuotimenti ed altre simili propagazioni purché non superino la normale tollerabilità. Il limite oltre il quale le immissioni si ritengono non tollerabili è relativo, dovendosi valutare in relazione al caso concreto e al luogo in cui queste si propagano invece che quello da cui derivano. Per quanto riguarda il rumore la giurisprudenza ha adottato il “criterio comparativo” in base al quale si presume tollerabile il rumore che non superi i 3 decibel rispetto al rumore di fondo della zona senza disturbi. Ciò premesso si può affermare che la normale tollerabilità si riferisca ad immissioni di modesta entità tenuto conto anche degli interessi opposti e dei rapporti di buon vicinato. In caso di mancato rispetto di queste regole i condomini singolarmente o come condominio potranno comunque agire giudizialmente affinché la situazione di disturbo cessi e, nel caso di attività che produce fumi, rumori, ecc. può essere disposto dal giudice anche un indennizzo finché l’esercizio commerciale non si sia adeguato attraverso ad esempio l’installazione di depuratori d’aria nel caso di immissioni di odori o approntando l’insonorizzazione in caso di rumore. E’ anche possibile chiedere il risarcimento dei danni eventualmente sofferti.

Avv. Alessandro Cassano